Tesi di laurea di Miriam Comba, selezionata dal Bando di Uncem per le “Migliori tesi di laurea sulla montagna, in memoria di Amministratori defunti negli ultimi anni”.

 

L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, nella sua complessità interdisciplinare e nel suo essere un fenomeno in continuo mutamento, e la montagna come spazio dinamico e aperto, ma spesso svantaggiato da fattori demografici, climatici, istituzionali. Due binari apparentemente distanti tra di loro, che in realtà convergono su più fronti in un rapporto di mutuo scambio.

Due questioni troppo spesso trascurate o messe a tacere da retoriche che ne sottovalutano l’importanza, come se il tema dell’accoglienza e le aree alpine fossero accomunate da un simile destino di disinvestimento sociale e politico.

L’idea alla base della dissertazione è dunque di indagare l’impatto dell’immigrazione straniera forzata nei territori alpini, individuando potenzialità e aspetti critici della questione e proponendo un caso studio concreto e quanto più attuale, che possa entrare nel vivo della questione.

Tali riflessioni si inseriscono nel più ampio quadro dei cambiamenti demografici che si stanno attestando tutt’oggi nelle Alpi italiane. Più precisamente, nella seconda metà del XX secolo, si è verificato un significativo spopolamento e un massiccio abbandono delle aree alpine, che sono state così messe a dura prova da un punto di vista socio-economico. Fortunatamente però, a partire dall’inizio degli anni Duemila si registra un’inversione di tendenza e una lenta ma consistente ripresa demografica da parte di diversi attori, riportando così al centro l’attenzione verso i territori montani. In questo frangente, ciò che risulta significativo è l’impatto positivo della presenza straniera nelle aree montane, sempre più consistente. In particolare, assume una valenza fondamentale la presenza dei cosiddetti “montanari per forza”. Si tratta cioè di richiedenti asilo e rifugiati che vengono forzatamente destinati alla vita in contesti montani da politiche nazionali, che si impongono con forza sulle aree rurali e montane delle Alpi italiane senza possibilità alcuna di una qualche forma di negoziazione.

Posto che parlare di immigrazione straniera in aree fragili come quelle montane significhi, concretamente, parlare di due realtà vulnerabili che s’incontrano e che si influenzano vicendevolmente, si analizza questa duplice fragilità che può tuttavia rivelarsi una risorsa. A tal proposito, si propone l’esempio concreto dell’accoglienza nelle Valli Valdesi – tre vallate lungo l’arco alpino italiano nord-occidentale -, peculiare nelle sue caratteristiche e nella sua buona riuscita grazie alla presenza di una forte identità territoriale. Il caso viene analizzato in un intervallo temporale breve e recente, indagando e cogliendo le rapide trasformazioni che si sono verificate nel territorio oggetto di studio, ma pur sempre tenendo conto di fattori storico-culturali. Si è infatti approfondito come la montagna possa rivelarsi luogo di accoglienza, a fronte dell’immaginario collettivo che vede le terre alte come spazi chiusi ed ostili. Quest’idea si scontra infatti con l’evidenza empirica che dimostra in che modo territori che storicamente hanno dato prova della loro apertura e resilienza possano ritornare ad essere terra di asilo e terra di rifugio, offrendo riparo e sicurezza.

L’intera ricerca è condotta in chiave antropologica ed è frutto di osservazioni e considerazioni acquisite sul campo: in parte grazie al ruolo dell’autrice di operatrice sociale all’interno dell’accoglienza, ma anche in qualità di testimone diretta e “autoctona”.

Partendo dal presupposto e dalla convinzione che le montagne rappresentino territori dalle molteplici potenzialità e risorse, l’intera ricerca si è mossa nel tentativo di rispondere ad alcune domande: quale impatto può avere l’immigrazione straniera sui piccoli comuni montani e quali prospettive possono offrire, a loro volta, i territori alpini? Che ruolo può avere l’accoglienza in questo contesto? Quali prospettive si delineano in un mondo in continua trasformazione?

foto di Wesley T Allen