Tesi di laurea di Eleonora Vittoria Fontana selezionata dal Bando di Uncem per le “Migliori tesi di laurea sulla montagna, in memoria di Amministratori defunti negli ultimi anni”.

I castagneti da frutto rappresentano un patrimonio economico, ambientale, storico e culturale d’inestimabile valore. Questi beni preziosi rischiano di scomparire a causa dell’incuria e dell’abbandono avvenuti durante l’integrazione della società rurale con il mondo urbano ed industriale, con l’aggravarsi della diffusione di nuove patologie e minacce entomologiche e per ultimo il cambiamento delle abitudini alimentari. Oggi si sta assistendo a una rivalutazione di questa coltura, dovuta alla crescente domanda di frutti, ai progressi in campo agronomico e all’interesse verso la grande polifunzionalità di questa pianta. Stiamo parlando delle numerose zone castanicole del Piemonte, tra cui risalta, nel settore sud-occidentale della provincia di Torino, la Val Pellice.

Questo territorio dispone di un ampio panorama varietale, tra cui emergono due accessioni di marrone (Marrone di Villar Pellice e di Lusernetta) e numerose varietà pregiate di castagna (Gioviasca, Neirana, Ruiana, Primaticcia, Solenga e il grande gruppo varietale delle Pelose), le quali possono essere rinvenute nei comuni in cui è più diffusa la castanicoltura, ovvero Bobbio Pellice, Villar Pellice e Lusernetta. “Gli obiettivi principali di questa tesi, spiega Eleonora Fontana, sono stati quelli di analizzare i fattori d’involuzione della castanicoltura che hanno interessato il territorio piemontese negli ultimi decenni e di studiare il germoplasma presente al fine di preservare il patrimonio genetico locale e pianificare azioni di recupero e valorizzazione della castanicoltura sia da parte di enti pubblici che da privati.

Lo studio – è stato eseguito il monitoraggio e la valutazione dello stato fitosanitario dei castagneti da frutto dell’alta Val Pellice, in particolare nel comune di Bobbio Pellice, ripercorrendo le località segnalate in un elaborato del 1994 redatto dal Dott. agronomo Davide Baridon. In molte delle località è stata eseguita anche una VTA (valutazione delle condizioni strutturali dell’albero) su un esemplare rappresentativo al fine di stabilirne lo stato fisiologico e la stabilità meccanica.

I risultati – sulla base delle condizioni attuali, in seguito a quanto osservato durante i rilievi condotti nel 2021 e sulla base di quanto è emerso consultando l’indagine eseguita dal dott. Baridon nel 1994 è stata eseguita una classificazione dello stato morfo-funzionale e produttivo dei castagneti. (dalla lettera A alla lettera E). Attraverso il software QGIS, si è potuto notare come la maggior parte delle borgate oggetto dei sopralluoghi ha registrato un peggioramento rispetto a quanto riportato in passato. In particolare, delle 24 aree visitate, 15 presentano una classe che indica un’involuzione dei castagneti da frutto.  La regressione è distribuita omogeneamente all’interno del territorio e, perciò, dedurre che le cause del degrado siano da attribuire a cure colturali inadeguate o spesso assenti. Le classi che presentano le peggiori condizioni agronomiche (classe E), si posizionano per lo più sulla destra orografica, con estensioni a ceduo anche in vicinanza dei centri abitati, dove normalmente i castagneti sono più gestiti e di qualità migliori rispetto alle zone più marginali. La maggior parte dei castagneti, tuttavia, rientra nella classe C, ovvero in condizioni né ottimali né troppo scarse: da ciò si può ipotizzare come si possano avviare tentativi di recupero su una buona parte degli impianti.

Per caratterizzare il germoplasma locale, presso il comune di Villar Pellice sono stati prelevati 9 campioni fogliari su cui condurre le analisi del DNA. I risultati hanno rivelato la presenza di 4 esemplari di cultivar Gioviasca, 1 di Marrone di Villar Pellice, mentre 4 hanno riscontrato un profilo non presente all’interno della banca dati del DISAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari) a testimoniare l’ampia biodiversità del castagno. Infine, tra gli individui su cui stono state eseguite le analisi genetiche, ne sono stati scelti alcuni su cui progettare gli interventi di potatura necessari per un loro recupero.

Conclusioni – molti aspetti non risultano variati rispetto a quanto riportato in passato dal Dott. Baridon: vi è sempre una forte presenza di cinghiali, che possono danneggiare i nuovi impianti e nutrirsi dei raccolti; è presente un malcontento generale tra i castanicoltori, molto scettici riguardo alla remunerazione del prodotto, ai metodi di raccolta, nella quasi totalità dei casi manuale, e al successo dei giovani innesti. Negli ultimi anni sono state intraprese diverse strategie di valorizzazione della castanicoltura in Val Pellice. Questo territorio, tuttavia, subisce ancora gli strascichi dell’abbandono colturale e della mancanza di ricambio generazionale, alimentati dal fatto che gli impianti si trovano spesso su terreni in pendio, difficilmente raggiungibili e meccanizzabili. Sarebbe auspicabile, per un rilancio effettivo di questa coltivazione, fornire un concreto sostegno ai produttori ed alla filiera nel suo complesso, considerando inoltre che chi coltiva il castagneto non fornisce unicamente un prodotto da vendere, ma anche e soprattutto numerosi servizi ecosistemici per la comunità.