Tra il 26 e il 30 ottobre 2018 la tempesta Vaia ha colpito tutto il Triveneto e in particolare le foreste alpine delle Dolomiti e la zona del bellunese. Forti piogge e venti di scirocco a 200 km/h hanno abbattuto 14 milioni di alberi su 41mila ettari di terreno. Secondo Federforeste e Coldiretti un dato mai registrato in Italia. Danni per 1,7 miliardi di euro.

Cosa ne è stato di tutto quel legname? Ai proprietari forestali è stato dato un anno per rimuovere e vendere il legname. I boschi sarebbero stati rimessi in sicurezza e il legno non sarebbe andato sprecato, marcio o infestato da insetti e parassiti. Si sarebbe inoltre liberato lo spazio per piantare nuovi alberi. Ma del legname caduto non si è recuperato che il 50%.

Con poco tempo a disposizione e nessun pacchetto di aiuti statali preventivi, i proprietari hanno recuperato il legname nelle zone più facili da raggiungere e hanno cercato di venderlo il prima possibile. In Italia manca da anni l’intero comparto delle prime lavorazioni: segherie e falegnamerie sono situate in Austria, Germania, Croazia e Slovenia. Così il legno italiano è venduto deprezzato e i semilavorati sono ricomprati a un prezzo più che triplicato”, spiega Enzo Bozza, direttore del Consorzio Legno Veneto.

Alcune aziende, però, sono riuscite ad investire sul materiale di schianto. Itlas ha creato il brand Assi del Cansiglio, pagando il legno di faggio 130/140€ al metro cubo come prima di Vaia, per non lucrare sulla tragedia. Ne sono nati pavimenti e rivestimenti dello stesso legname flessibile e resistente che già veniva usato per la flotta della Serenissima. Fiemme 3000 ne ha prodotto pavimenti biocompatibili, certificati Filiera Solidale Pefc. Legnolandia ne fa arredi e giocattoli, Domus Gaia lo traduce in installazioni artistiche e scenografie teatrali.