Il desiderio profondo del singolo uomo, così come il bisogno della specie a cui appartiene, non è centrato sulla figura del nemico e della guerra, ma al contrario su condizioni che permettano l’amicizia e l’amore. Sono queste le risposte adeguate alla fragilità della nostra condizione che ha sempre bisogno di «un altro» da cui ricevere aiuto e disposto a sua volta a donarsi.

Per aiutarci a comprendere questo principio, Vittorino Andreoli mette in discussione quella parte della teoria dell’evoluzione che considera «naturale e necessaria» la «lotta per l’esistenza», indicata da Charles Darwin come imperativo per tutte le specie che abitano il nostro pianeta. Una visione che lega la vita alla forza di eliminare e non di costruire, di uccidere e non di stare insieme.

All’interno di una concezione che riduce l’uomo a una macchina che segue l’istinto stampato nella genetica in maniera «fatale». Darwin non poteva conoscere le grandi scoperte della biologia recente, che ha permesso di definire la plasticità di parte del nostro cervello, da dove emergono funzioni che hanno un vasto margine di guida e che permettono di attribuire all’uomo desideri e capacità per attivare la condivisione e adattarsi in maniera pacifica alla natura e alla vita «insieme».

Diventa dunque ipotizzabile un’evoluzione della specie all’insegna non della lotta ma della cooperazione. E la vita dell’uomo può inserirsi in uno scenario in cui le difficoltà sono affrontate in maniera pacifica attraverso l’aiuto reciproco che porta a condannare la guerra. Una riflessione affascinante che diventa l’occasione per compiere un viaggio dentro la mente dell’uomo nel tentativo di comprendere il senso dell’esistenza di chi è stato posto all’apice dell’albero dei viventi.

Vittorino Andreoli

Psichiatra di fama mondiale, è stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona – Soave ed è membro della New York Academy of Sciences. È presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association. Si oppone fermamente alla concezione lombrosiana del delitto secondo cui il crimine veniva commesso necessariamente da un malato di mente, e sostiene la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati.  È autore di libri che spaziano dalla medicina, alla letteratura alla poesia, e collabora con la rivista Mente e Cervello e con il giornale Avvenire. Ha realizzato alcune serie di programmi, con puntate della durata di circa 30 minuti, dedicati agli adolescenti (Adolescente TVB), alle persone anziane (W i nonni) e alla famiglia (Una sfida chiamata famiglia).