Italia in fumo: il rischio cresce
64 mila ettari attraversati da grandi incendi nel 2023. Intervista a Nello Musumeci Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare.
Intervista a Nello Musumeci Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare.
Quanto è grave il problema degli incendi boschivi in Italia?
Gli incendi boschivi sono un flagello, non solo per l’Italia. Ogni anno colpiscono paesi ricchi e potenze economiche, dagli Stati Uniti all’Asia, dall’Australia all’Europa. Con enormi danni sul piano ambientale, economico, sociale, ma anche culturale, perché la flora è un essenziale elemento identitario di un territorio. Se va in cenere altera il contesto, lo stravolge e spesso neppure dopo decenni si riesce a ricomporlo. Senza dimenticare che talvolta gli incendi comportano anche la perdita di vite umane: e questo è il prezzo più alto che si paga. Come Protezione civile siamo tanto impegnati su questo fronte. A fine novembre abbiamo ospitato a Roma l’annuale Forum del Meccanismo europeo proprio per parlare di incendi boschivi, assieme alle alluvioni. E lo abbiamo fatto alla presenza del commissario Janez Lanercic, chiedendo maggiori impegni all’Unione europea, in termini finanziari ed organizzativi.
Cosa bisogna fare per prevenire il rischio incendio?
Premesso che anche per gli incendi boschivi non esiste il rischio zero, la prevenzione va sempre praticata su due livelli: pubblico e privato. La prevenzione pubblica, affidata agli enti territoriali, si articola nello studio attento del territorio e delle sue vulnerabilità, nella manutenzione delle aree demaniali, nella segnaletica diffusa, nella dotazione di risorse umane preparate e fornite di mezzi di terra adeguati e di una flotta aerea stagionale. Da qualche anno si fa opportuno ricorso a droni e sofisticati strumenti di rilevazione, assai utili perché consentono di intercettare in tempo i focolai e persino, in alcuni casi, gli autori dell’atto doloso. La prevenzione privata è quella che dovrebbe attuare ogni cittadino degno di questo nome. Dall’agricoltore, che deve preoccuparsi anzitempo ogni anno di realizzare i viali tagliafuoco lungo il recinto della propria azienda agricola, al villeggiante, che non deve accendere il fuoco per il pic nic nei luoghi di campagna non attrezzati e autorizzati. In estate, a certe temperature, magari con la complicità del vento di scirocco, basta una distrazione per scatenare l’inferno. Se poi ci mettiamo gli incendi appiccati da piromani, mossi da fini speculativi e criminali (contro i quali abbiamo inasprito le pene), ci si rende conto di quanto difficile possa rivelarsi un contrasto efficace alla dilagante piaga degli incendi boschivi.
Come funziona il rapporto tra Stato e Regioni in materia di previsione e prevenzione degli incendi?
La legge dello Stato affida alle regioni il compito di contrastare gli incendi boschivi. Il nostro Sistema nazionale di Protezione civile interviene quando le strutture territoriali non sono più nelle condizioni di neutralizzare le fiamme, per la particolare evoluzione che assume la calamità. Il governo può dichiarare lo stato di mobilitazione nazionale, che consente il rapido soccorso da altre regioni, e quasi sempre l’intervento integrativo della flotta aerea. A tale proposito, ho posto a Bruxelles il tema della urgente necessità di avere nuovi velivoli anfibi, come i Canadair, dei quali non si fa più produzione da decenni. C’è un confronto aperto con la commissione Ue, che dovrà tenere conto anche della disponibilità di un gruppo industriale italiano a fabbricare velivoli antincendio. Ogni anno, in primavera, al dipartimento nazionale ci confrontiamo con tutte le regioni per coordinare le attività di prevenzione. A me, in questo primo anno da ministro, è sembrato più un atto dovuto che una concreta verifica delle capacità di risposta di ogni realtà locale. Su questo fronte c’è molto da lavorare
Quali risorse sono state stanziate fino ad ora per contrastare il fenomeno?
I fondi del PNRR e quelli dell’Fsc possono consentire alle regioni, se finalizzati a progetti appropriati, di dotare i propri territori di sistemi di prevenzione adeguati, a cominciare da mezzi agili e snelli, capaci di portare acqua anche nelle zone più inaccessibili, affidati ai gruppi di volontariato o al personale della forestale, dove esiste.
Sono previste ulteriori risorse per aiutare i territori?
Lo dico con la mia consueta chiarezza e franchezza. A differenza di quanto avviene per il rischio sisma e alluvione, la prevenzione dagli incendi boschivi non si fa con le infrastrutture materiali, ma con la diligente e costante cura del territorio e con il pieno coinvolgimento della gente. Serve complessivamente un approccio più efficace, un lavoro di squadra più organico tra Stato e regioni e tra regioni e comuni. Ma tutto sarebbe insufficiente se alla fine non dovesse maturare un diverso approccio dei cittadini alla cultura del rischio. Questa è la vera sfida! La più difficile.
di Pamela Pastore
da: Comunità Montagna: La prevenzione che ci serve