Consulente del Ministero per gli Affari Regionali in materia di montagna, ha scalato le vette più alte del mondo e organizzato varie spedizioni ai Poli.

È sempre stato appassionato di montagna?

La montagna è nel mio DNA. I miei genitori gestivano rifugi a 3000m per 6 mesi all’anno, quindi io e miei tre fratelli siamo cresciuti giocando tra ghiacci, rocce, a volte bombe della guerra. Ho vissuto e lavorato sull’Adamello, in Val Camonica, fino al 2001. Lavorando in montagna sono diventato esperto in sicurezza a 360° e ho iniziato a impegnarmi per la comunicazione e la promozione del territorio montano, organizzando l’Anno Internazionale della Montagna, l’Alpirod, varie spedizioni ai Poli e diventando ambasciatore internazionale della Fao.

La trasmissione le ha insegnato qualcosa di nuovo?

Conduco Linea Bianca da 6 anni e ho trovato in Massimiliano un buon collaboratore, appassionato di montagna. La cosa più bella sono gli incontri con le persone che vivono questi territori. Personaggi straordinari che insegnano tantissimo, a non andare di fretta, a vivere in armonia col pianeta e con la natura. Scoprire i silenzi, i cammini, le fatiche. La montagna insegna che per arrivare in cima e raggiungere l’obbiettivo bisogna andare con calma e con metodo. Ma ogni alpinista sa di dover ascoltare e rispettare la montagna e, a volte, di dover rinunciare.

Quale futuro vede per le comunità montane italiane?

Le comunità montane sono un esempio di come dovrebbe essere gestito il territorio. Tutti ci invidiano in modello di Unione dei comuni di montagna. È un organismo che funziona e rappresenta chi conosce e vive il territorio, quindi propone interventi mirati per lo sviluppo economico, turistico, residenziale. Si tratta di comuni ad alta specificità, non tutto cioè che supera i 600 metri di altitudine è uguale. Credo che dopo la pandemia di Covid-19 la voglia di vivere in luoghi rurali aumenterà. Le amministrazioni comunali sapranno rispondere alla richiesta.

 

di Elena Fassio