SÌ al futuro delle terre alte” è il terzo punto elencato nel Manifesto di Slow Food intitolato: 12 punti per l’Europa che vorremmo. Per un cibo buono, pulito, giusto e sano per tutte e tutti, un documento che «racchiude le priorità in fatto di politiche alimentari, rivolgendo a chi siederà al Parlamento europeo l’invito a impegnarsi in modo concreto per attuarle: senza Green Deal gli obiettivi dell’agenda 2030 non si possono raggiungere» dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.

SÌ al futuro delle terre alte” spiega come dagli anni Cinquanta e Sessanta a oggi, in Italia, lo sviluppo del territorio si sia concentrato sulle città e sulle coste, marginalizzando collina e montagna, ovvero oltre il 70% del territorio italiano. Un processo di sviluppo squilibrato ha acuito disparità territoriali che sono diventate disuguaglianze sociali – perché chi abita in montagna non ha le stesse opportunità, lo stesso accesso ai diritti fondamentali di chi abita in città – e crea gravi problemi di gestione territoriale anche nelle aree a valle.

«Chiediamo una strategia innovativa che metta le aree interne al centro, come luogo privilegiato del fare e dell’abitare – recita il punto del Manifesto -. L’agricoltura, l’allevamento, la gestione forestale, l’artigianato alimentare e nuove forme di accoglienza e turismo, rispettose del carattere dei luoghi, possono diventare concrete prospettive di lavoro e di vita per contrastare il dissesto idrogeologico e la perdita dei paesaggi agrari, per evitare l’abbandono ma anche lo sviluppo squilibrato di quei territori presi d’assalto nei mesi estivi e svuotati nel resto dell’anno, per impedire lo smantellamento dei servizi, a partire da quelli fondamentali a tutela della salute, dell’istruzione e della mobilità».

Il Manifesto di Slow Food nasce da tre imprescindibili presupposti: agroecologia (intesa come approccio che preserva il suolo e lo rigenera), rispetto (della terra e degli animali, che non sono puramente mezzi di produzione) ed educazione (alla scelta, alla consapevolezza, all’alimentazione) e chiede innanzitutto un impegno concreto per la tutela della biodiversità, risorsa essenziale per il nostro futuro come l’acqua e il suolo.

«L’Europa che vorremmo è un’Europa che difenda per davvero la sovranità alimentare, mettendo gli agricoltori, gli allevatori e i pescatori che operano nel rispetto dell’ambiente nelle condizioni di poter lavorare senza dover fare affidamento a sussidi per sopravvivere: oggi, che la maggior parte dei fondi europei finisce nelle tasche di pochi, grandi, player, questo non succede» aggiunge Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia.

di Francesca Corsini