La montagna insegna, unisce, protegge. Non lascia indietro nessuno, come i lupi che fanno branco. O almeno, dobrebbe. «La montagna lo fa»: è la frase che ricorre nel film Un mondo a parte, con protagonisti Antonio Albanese e Virginia Raffaele, insieme a un cast di persone dei luoghi in cui è girata la storia, non professionisti. La regia è di Riccardo Milani.

Protagonista è anche la restanza, l’alternativa all’emigrazione e allo spopolamento, neologismo coniato dall’antropologo Vito Teti, citato nel film dal maestro Michele (Albanese) che, arrivato da Roma nel piccolo borgo di Rupe (nome di fantasia), pretende appunto di spiegare il valore della restanza a due genitori che gli rispondono per le rime, descrivendolo come tanti ambientalisti di città che vengono a godere del fascino del territorio, senza alcuna idea su come in realtà possa essere dura la vita della montagna fuori dalle stagioni più belle. “Altro che restanza, qui conosciamo solo la partanza!” conclude il padre.

Siamo nel parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise di Pescasseroli, Opi, val Fondillo, Villetta Barrea, lago di Barrea e Civitella Alfedena, nel paese abbandonato di Sperone e nella piana del Fucino a Gioia dei Marsi. Alla magia dei luoghi, fatti di colori, profumi, paesaggi straordinari, fa da contraltare la vita quotidiana di queste comunità, costrette a combattere per lavorare e per non perdere servizi fondamentali, come l’istruzione. Il film racconta infatti la battaglia dei due insegnanti, Michele e Agnese, che aggregano la comunità e la guidano organizzando la resistenza per salvare la scuola elementare, composta di una sola “pluri-classe” di sette bambini dai 7 ai 10 anni. Una risposta collettiva in opposizione all’atteggiamento di chi si adatta a subire senza provare a fare qualcosa.

Un mondo a parte è una favola romantica che ha come palcoscenico le terre alte, nel bene e nel male.

di Francesca Corsini