Muoversi in montagna ha le sue regole. La sicurezza è la prima. In inverno avventurarsi con le ciaspole o con gli sci per salire e scendere attraverso paesaggi incontaminati non deve mai essere una scelta casuale e nemmeno «una decisione che, presa in città, dobbiamo obbligatoriamente realizzare quando, arrivati in quota, si intuisce che le condizioni sono avverse – spiega Giorgio Gambelli, Istruttore Nazionale di Alpinismo e Scialpinismo del CAI, Club Alpino Italiano -. La prima buona abitudine è consultare preventivamente il bollettino valanghe e non è sufficiente leggere la prima pagina dove è riportato un generico livello di pericolo da 2 , debole, a 5, molto forte. Per quanto la scala possa indicare un livello di allarme non preoccupante, ad esempio 2, vengono anche fornite informazioni più approfondite sulla stabilità del manto nevoso e se non si conosce il terreno, non si è informati sulle precedenti condizioni climatiche, quanto è nevicato, se c’è stato vento o caldo, è bene approfondire. Resta inteso che ogni pendio ha caratteristiche proprie e quindi è bene imparare a valutarle».

La seconda regola, non meno importante, è essere ben equipaggiati con la corretta attrezzatura e con ARVA, Apparecchio di Ricerca in VAlanga, più correttamente noto come ARTVA, Apparecchio di Ricerca dei Travolti in VAlanga. Si tratta di una ricetrasmittente di segnale a corto raggio. Viene normalmente indossata bene aderente al corpo, non in tasca o nello zaino, in modalità trasmissione e, quando fosse necessario ricercare uno o più travolti da una valanga, i soccorritori commutano il proprio apparato in modalità ricezione per cercare di localizzare il trasmettitore dei travolti.

«L’Artva, previsto per essere utilizzato da chiunque frequenti terreni innevati in montagna, non è un “anti valanga”, come capita di sentir dire, ma è lo strumento che aggiunge significative probabilità di salvezza ai travolti, in quanto consente l’intervento di salvataggio entro i preziosi primi minuti dal seppellimento, senza attendere l’arrivo delle squadre di soccorso» precisa Gambelli.

All’inizio di ogni escursione è fortemente raccomandato che i componenti del gruppo effettuino un controllo reciproco della funzionalità dell’apparato in ricezione e trasmissione. Gli habitué dello scialpinismo lo indossano sempre e l’abitudine sta contagiando i ciaspolatori, che sono altrettanto sottoposti a rischi di fenomeni valanghiferi. «Indossare l’ARTVA significa anche essere preparati a usarlo in modalità ricerca, operazione che tecnicamente non è particolarmente complessa, ma trovarsi nella condizione di dover soccorrere i propri amici o parenti è già di per sé estremante stressante – ricorda l’istruttore -, è quindi indispensabile conoscere bene il funzionamento del proprio dispositivo, perché ognuno è diverso, e avere qualche nozione su come procedere nella ricerca, compreso come spalare la neve quando si è intercettato un corpo seppellito».

Per questo sono numerose le sezioni del CAI che organizzano momenti di addestramento, di solito all’inizio della stagione invernale, affinché tutti possano fare pratica.

Con Giorgio Gambelli non si può partecipare a gite di scialpinismo di gruppo se non si è frequentata almeno un’esercitazione ARTVA ogni stagione.

 

Di Francesca Corsini