Mettere a profitto le basse stagioni e sfruttare le ricchezze del territorio in cui si opera: in alcune piccole comunità il tempo e spazio hanno valori diversi.                                                                                                                 

Ci sono territori di confine e di montagna, ricchi di tradizioni e di molti tesori, dove la vita però è complicata. È il caso della Val Formazza, un cuneo profondo, nel cuore delle Alpi Lepontine, il cui simbolo indiscusso è la spettacolare Cascata del Toce, che con i suoi 143 metri di altezza è il salto d’acqua più poderoso d’Europa. Siamo in Piemonte, al confine con la Svizzera, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, in una cornice di vette maestose. Spazi imponenti per panorami mozzafiato e attività sportive che comprendono, bici, trekking, pesca e sci, da quello di fondo allo scialpinismo. Tutto permeato dall’eredità dei Walser: nelle abitazioni delle sue piccole frazioni, nell’urbanizzazione, nelle tradizioni superstiti, nei manufatti, nella tipica cucina locale. Lo si può toccare con mano a Riale, Chärbäch in lingua walser, la frazione più settentrionale della Val Formazza, a circa 1.800 metri di altitudine. È un gioiello di architettura di montagna, a due passi dalla Diga di Morasco, 565 metri di lunghezza e 55 di profondità, creata negli anni 30 per generare energia elettrica, sommergendo l’antico villaggio di Morasco, che fu il principale centro abitato della valle.

Bellissimo e severo, è un ambiente in cui oggi non è semplice vivere e gestire attività imprenditoriali nel corso dell’anno. Si deve imparare ad amministrare il tempo, a pianificare le attività, mettendo a frutto i momenti di bassa stagione e a utilizzare al meglio ciò che offre il territorio.

C’è chi lo sa fare. Non senza fatica. Superando mille difficoltà, prima fra tutte quella di trovare manodopera, di trovare persone disposte a venire a vivere in questo angolo incantato, dove la vita a tratti è frenetica, ma per lo più è solitaria.

A Riale lo chef Matteo Sormani, ex maestro di sci, nella sua locanda Walser Schtuba accoglie i turisti e propone deliziosi menù, frutto di una cucina eroica, sperimentale, autonoma grazie all’utilizzo dei prodotti autoctoni e attraverso la realizzazione in casa di prodotti da forno come pizza e pane. Quella della panificazione è una passione, ma anche una scelta necessaria: perché a Riale il panificio non c’è.

Il flusso di turisti però segue ritmi precisi, lasciando tanto tempo “vuoto”: tempo che lo chef decide di investire per produrre il panettone. Il più alto d’Italia, per l’altitudine della terra in cui nasce. Nell’arco di un mese e mezzo Sormani sforna un migliaio di panettoni. Ma questo in realtà è un progetto che dura tutto l’anno. «A gennaio arrivano gli agrumi dalla Sicilia – racconta lo chef –. Utilizzo la polpa per estratti e paste, mentre comincio la prima lavorazione delle bucce. Il procedimento di canditura avviene in primavera e in autunno attraverso un lento processo che dallo scorso anno realizzo all’aria aperta, per consentire agli agrumi di arricchirsi delle note floreali del territorio, soluzione possibile solo in luoghi freschi e incontaminati, come questo».

Farina, burro, zucchero, uova, acqua e lievito madre: gli ingredienti semplici che, lavorati in alta quota, danno vita a un prodotto dall’aroma intenso e persistente che ha già conquistato i palati più esigenti e oggi vola a nord verso le capitali europee, come Berlino e Parigi, e a sud fino in Sicilia.

 

Ecco che Riale non è più un piccolo punto al termine di una valle, ma un centro produttivo di eccellenza artigianale, capace di varcare le frontiere di un territorio per sua natura impervio. Limiti che vengono superati anche attraverso le discipline sportive, prima fra tutte lo sci di fondo che, grazie al grande lavoro di Gianluca Barp, sta trasformando Riale in un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale

Barp, imprenditore turistico, responsabile dell’anello di 12 km di pista, è infatti un altro esempio di lungimirante capacità di gestione del tempo e dello spazio. In Italia, è il primo imprenditore a livello privato ad aver testato e portato a regime la tecnica dello snowfarming con l’utilizzo di teli geotermici. Una soluzione che, alla fine della stagione invernale, gli consente di mettere da parte un bene prezioso, la neve, e di utilizzarla per la successiva apertura della pista, senza dover attendere le prime nevicate. Non a caso quest’anno Riale è stata tra le prime località in Europa ad aprire circa 2,5 km del suo celebre anello di percorso di fondo, accogliendo centinaia di atleti oltreché numerosi appassionati.

Come funziona lo snowfarming? «È un procedimento relativamente semplice, che però richiede un lungo lavoro e un’attenta progettazione – spiega Barp –. In aprile si produce un grande accumulo di neve artificiale. L’ammasso viene protetto termicamente con teli geotermici realizzati con fibre di alluminio, intervallati da strati isolanti di ovatta. I teli vengono legati uno all’altro con un sistema di velcri e cuciture a filo. A impedire ai raggi UVA penetrare contribuisce anche la loro azione riflettente».

La neve artificiale, che per sua natura ha una composizione favorevole allo stoccaggio, viene così conservata per anticipare l’inizio della stagione successiva in un circuito virtuoso al 100% green: essendo neve “sparata” non serve il gatto delle nevi per accumularla e quindi non c’è utilizzo di gasolio, «ma soprattutto – precisa Barp – qui possiamo utilizzare l’energia idroelettrica per portare l’acqua in pressione. Quindi l’operazione che costituisce il maggior costo in termini di energia può contare su una fonte rinnovabile e pulita».

Ad atleti e turisti l’imprenditore mette anche a disposizione l’albergo AaltsDORF, con il ristorante specializzato in cucina tradizionale di montagna e il negozio di prodotti tipici Sapori Walser, cui quest’anno si aggiunge un nuovo servizio: un’area wellness outdoor composta da una sauna all’aperto da 6 posti, in perfetto stile nordico nelle forme, nei materiali e nella filosofia e una vasca idromassaggio anch’essa da 6 posti.

 

Di Francesca Corsini