Il bilancio 2024 dello stato di salute dei ghiacciai è negativo. L’impatto sulla biodiversità e sugli ecosistemi montani è preoccupate. I dati sono contenuti nel report annuale di Legambiente che monitora la situazione dei principali ghiacciai italiani. Basta un dato per dare il senso della gravità della situazione: l’Adamello, il ghiacciaio più grande delle Alpi italiane, ha registrato una perdita di spessore nel settore frontale di 3 metri ed effetti della fusione fino a 3100 metri di quota. Non se la passano bene neanche il ghiacciaio del Careser (Gruppo Ortles—Cevedale) con 190 centimetri in media di perdita di spessore, e i Ghiacciai della Vedretta Lunga (Val Martello) e della Vedretta di Ries (Valle Aurina) con una perdita di spessore sulle lingue tra il metro e mezzo e i due metri.  

Specie a rischio

Questa situazione ha un impatto sulle piante e sugli animali che vivono questi territori.  Tra le specie più a rischio ci sono i camosci che risentono sempre più degli effetti della crisi climatica. La diminuzione della quantità e della qualità del cibo disponibile rappresenta una condizione particolarmente critica, soprattutto a giugno, periodo in cui le femmine partoriscono e allattano e hanno bisogno di più nutrimento. Anche lepre bianca, ermellino e pernice bianca non se la passano bene. La mancata corrispondenza tra la stagione della neve e la muta espone questi animali ad una maggiore visibilità rendendo più difficile la ricerca di cibo e la fuga dai predatori. Studi recenti condotti sull’arco alpino evidenziano, una perdita di area idonea per la pernice bianca compresa tra il 17 e il 59% a seconda degli scenari di riscaldamento ipotizzati. 

Il pericolo riguarda anche le piante. La specie più a rischio è l’Artemisia genipi, un fiore che cresce solo negli ambienti proglaciali delle Alpi Occidentali, ma potrebbero scomparire anche la Saxifraga bryoides, la Saxifraga oppositifolia, la Cardamine resedifolia, il ranuncolo dei ghiacciai: tutte piante specializzate che perdendo il loro habitat verrebbero messe gravemente a rischio. In parallelo il vuoto lasciato dai ghiacciai viene popolato da nuovi ecosistemi e il bosco avanza. Secondo uno studio di Science, se nei prossimi 100 la temperatura crescerà di altri 3 gradi, le piante che oggi crescono su un certo territorio, dovranno spostarsi 600 metri più in alto per sopravvivere.  

«Il 2024 non ha portato il miglioramento sperato – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia. La crisi climatica oltre ad accelerare il deterioramento di ghiacciai montani, permafrost e calotte polari, determina anche profonde trasformazioni nell’ambiente montano, generando nuove aree proglaciali. In queste aree emergono nuovi ecosistemi, ancora da studiare e tutelare, che richiedono un’attenzione particolare». Molte di queste situazioni sono state osservate durante il passaggio della carovana dei Ghiacciai di Legambiente.

«La perdita di massa che stanno subendo tutti i ghiacciai dell’arco Alpino viene – dichiara Valter Maggi Presidente del Comitato Glaciologico Italiano e Professore dell’Università di Milano Bicocca – ha portato alla scomparsa di numerosi piccoli ghiacciai specialmente nei massicci montuosi a minore quota. Questa perdita sta modificando in modo drammatico il paesaggio montano, la disponibilità della preziosa riserva d’acqua, andando ad impattare sulle comunità locali già colpite dai cambiamenti climatici». 

Le proposte di Legambiente

Sono 12 le proposte di Legambiente per una road map non più rimandabile: avviare con urgenza un piano di monitoraggio della biodiversità degli ambienti glaciali; completare il monitoraggio delle potenziali aree-rifugio; avviare il recupero dei siti in cattive condizioni, preceduto da adeguati studi specifici sui processi ecosistemici determinati direttamente dai cambiamenti climatici;  rendere più stringenti oltre che cogenti gli obiettivi della strategia dell’UE sulla biodiversità al 2020 nelle aree montane; orientare le scelte dell’Unione Europea alla tutela degli ambienti glaciali;  sviluppare nuove strategie per migliorare la protezione in situ degli ecosistemi in quota per garantire la loro esistenza e la funzionalità ecosistemica.  

Per quanto riguarda l’area pan-alpina, Legambiente chiede di incentivare la connettività ecologica a livello di ecosistema alpino, Implementare il percorso di definizione di Liste Rosse IUCN delle Alpi, porre particolare attenzione ai rischi antropici, evitare forme di overturism nelle aree dove la biodiversità e la geodiversità è già messa a rischio dai cambiamenti climatici e al contempo educare i turisti a una fruizione più attenta e consapevole; raggiungere l’obiettivo di tutelare almeno il 30% del territorio entro il 2030, attraverso strumenti giuridicamente vincolanti, con una particolare attenzione ai ghiacciai e alle nuove aree proglaciali  e istituire contesti di confronto che coinvolgano amministratori regionali e locali, gruppi di ricerca, associazioni e imprese, per lavorare insieme con l’obiettivo di migliorare la capacità di governance dei ghiacciai alpini, della biodiversità e della geodiversità ad essi connessa.